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Stati Uniti: è guerra contro le donne?

La campagna elettorale americana si combatte sulla pelle delle donne. Le posizioni dei conservatori accendono campanelli d’allarme sulla questione femminile

Donna contro la violenza

La campagna elettorale della più grande potenza del mondo è inevitabilmente oggetto di attenzione da parte dei media internazionali: ogni cambiamento sulla scena politica degli Stati Uniti può influenzare il resto del globo, se non politicamente sicuramente a livello di costume e società. Ed ecco che l’infiammata corsa alla Casa Bianca sta dando vita ad una campagna elettorale in cui non si risparmiano colpi di scena, e cresce la preoccupazione per il futuro delle donne.

Il dibattito è acceso più che mai sulla questione femminile, e le tematiche che riguardano le donne (aborto, contraccezione, violenza) sono al centro dell’attenzione per i passi da gigante, all’indietro, che vorrebbero fare molti politici repubblicani. Ultima tra le polemiche quella riguardante il Violence Against Women Act, ovvero la legge che tutela le donne vittime di violenza. Mentre i democratici hanno proposto di modificarlo in un’ottica che allarghi il concetto di violenza allo stalking e prevedendo permessi di soggiorno temporanei per le immigrate fuggite da situazioni di soprusi, il Gop (Grand Old Party – il Partito Repubblicano) vi si scaglia contro. Anzi, teme che allargare la tutela alle donne non cittadine degli Stati Uniti potrebbe danneggiare la lotta all’immigrazione. Come dire, meglio donne vittime di violenza fuori dai confini, che immigrate tutelate nei liberalissimi U.S.A.

E non finisce qui: è recente l’episodio del giornalista radiofonico che da della ‘prostituta’ alla studentessa che si espone in favore degli anticoncezionali. Il tutto nasce da una proposta di emendamento dei conservatori per consentire ai datori di lavoro e alle assicurazioni la possibilità di negare la copertura sanitaria per la contraccezione, per ‘ragioni morali e religiose’. La proposta, bocciata, ha fatto andare su tutte le furie il conduttore Rush Limbaugh, costretto poi a scusarsi con la studentessa offesa.

Ma i passi all’indietro desiderati dai repubblicani continuano in diversi stati. In Texas, ben noto per le posizioni reazionarie dei suoi governatori, è stata approvata una legge per cui le donne che si sottopongono ad interruzione di gravidanza sono costrette a guardare un’immagine del feto e udirne il battito cardiaco 24 ore prima dell’intervento. Se si dovessero rifiutare, il medico può costringerle ad ascoltare la sua descrizione dettagliata dell’esame. Naturalmente non sono esentate dalla tortura psicologica imposta per legge le vittime di stupro, incesto o le gravidanze a rischio, e in Ohio un senatore (Josh Mandel) propone di vietare l’aborto se viene captato il battito cardiaco del feto, cosa che può verificarsi già alla quinta settimana (la legge prevede la possibilità di interrompere la gravidanza fino alla nona settimana). Continuiamo poi con la proposta di legge della Georgia, in cui il repubblicano Bobby Franklin ha chiesto che le vittime di stupro non vengano definite tali, ma ‘accusa’. Non vittime, ma accusatrici.

C’è bisogno di continuare? Cosa stia accadendo a quella che fu la patria del femminismo, che ospitò il primo convegno mondiale sui diritti delle donna – Seneca Falls 1848, e che vide i primi reggiseni dati alle fiamme a Central Park, New York, se lo chiedono molti analisti e media (il Times dedica in questi giorni molti articoli alla ‘War on Women’ così come l’Huffington Post e il New York Magazine) ma difficilmente trovano risposta. Guadagnare i voti degli ultra-conservatori sulla pelle delle donne? O è un vero e profondo desiderio di fare dei passi indietro e di tornare a farci stirare le camicie, come gridò un invasato a Hillary Clinton durante le primarie democratiche del 2008?

Certe che anche in Italia questi emendamenti troverebbero qualche terreno fertile (non dimentichiamo l’accorato appello di Camillo Langone su un noto quotidiano nazionale a ‘togliere i libri alle donne così torneranno a fare figli’), speriamo che non ci sia bisogno di essere femmine, né tantomeno femministe per capire che il buonsenso non può privare le donne di decenni di lotte e ancor meno togliere loro il diritto sacrosanto di decidere del loro corpo, così come di trovare tutela quando questo viene violato.