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La perla nera del soul

L’erede di Aretha Franklin pubblica il suo 4° album, “The Art of World and Love”.

Angie Stone

Angela Laverne Brown, in arte Angie Stone, pone un’altra pietra su una carriera costellata di successi. Si chiama “The Art of Love and War” (Stax Records) e, dal 19 ottobre, sta riscuotendo un successo strepitoso. Ma quali sono le tappe della sua vita, quale il segreto di un’ascesa che in vent’anni le ritaglia un posto al sole nell’Olimpo della musica soul? Il suo talento ha radici nella Columbia del South Carolina che, il 30 gennaio del ‘61, la vede nascere.

L’imprinting con il gospel è immediato (grazie al padre musicista in un quartetto locale) e la sua psiche vi si intreccia, proprio come la cultura nera aveva fatto con quei cori inneggianti. Inizia a cantare nella chiesa Battista First Nazareth, dove sviluppa una voce celestiale e impara il rapporto tra anima e note, fulcro della musica soul. I suoi gusti si formano sui leggendari Aretha Franklin, Smokey Robinson e Marvin Gaye. Davanti allo specchio, la Stone bambina dà voce alle loro canzoni e scrive già le prime poesie. Autodidatta alle tastiere, da teen-ager si dedica a tanti lavori, spinta dal sogno di pubblicare un suo demo.

Intanto accumula esperienza: scrive “Baby cries”, per Jill Jones, collabora con i rapper Mantronix, e conquista il sassofono della band di Lanny Craviz. A fine anni 80 forma il trio Vertical Hold che, con l’album “A matter of time” (‘93), arriva fino alla vecchia Europa. Continuano le illustri collaborazioni con Mary J.Blige, Solo e Malik Pendleton, ma soprattutto D’Angelo al cui disco, “Brown Sugar” (’95), contribuisce in modo fondamentale. Il musicista, suo mentore e padre dei suoi due figli, scriverà la canzone “Everyday” per l’album d’esordio di Angie che, nel ‘99, esplode come cantautrice solista.

Il suo debutto, firmato Arista Records, parla di lei con il titolo “Black Diamond” che raggiunge subito 1.000.000 di copie. La critica la acclama per aver sposato, sulle note del rhythm’n’blues, classicismo e modernità. Il 2001 raddoppia il successo del “diamante nero” con “Mahogany soul”, prodotto dalla J Records. Un secondo album entusiasta della vita, della famiglia, dell’orgoglio di una razza di cui Angie è divina portatrice. “Mahogany” consegna la vecchia scuola soul alla nuova era della black music, la nu-soul.

Il cinema la vuole nella colonna sonora del film “The Fighting Temptations” (Jonathan Lynn ’03), in cui è anche attrice. È una stella, il successo è internazionale, e nel 2004 regala al mondo un’altra perla, “Stone Love”, solido come la pietra e forte come l’amore. I masterpiece firmati Angie Stone sono ormai numerosissimi e, nel 2005, li raggruppa nella raccolta “Stone Hits: The Very Best of Angie Stone”.

Lo scorso 19 ottobre festeggia l’uscita del suo ultimo lavoro, “The Art of Love and War”. Immagini contrastanti, amore e guerra, a cui Angie collega un filo rosso. Lo stesso che ha guidato la sua vita con sensibilità e tenacia, e condotto una razza, tra lacrime e sangue, a conquistare la dignità che riecheggia nell’aggettivo soul