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Parigi. Sfilano i sogni e l’arte

Veri capolavori sartoriali hanno cavalcato le passerelle parigine. Tra ambientazioni teatrali e prospettive surreali.

Alexander McQueen
LaPresse

Termina in serata la settimana della moda svolta nella città dell’amore, la capitale romantica della Francia. Sulle passerelle hanno sfilato sogni, desideri, arte, teatro. E’ come se la moda reagisse alla crisi strizzando l’occhio al surrealismo, alle utopie più sfrenate, è come dire ‘rifugiamoci nel mondo onirico’, lì non accadrà nulla. E mentre la crisi somiglia sempre di più ad uno Tsunami che avanza, cresce e investe senza pietà, la moda cerca nuove strade, abbandona glitter e spese fuori dal comune: i party hanno un’aria più composta, i parterre sono più contenuti, i prezzi si abbassano, i buyer viaggiano di meno. Ma sulle passerelle, il sogno non si può fermare: i riflettori si accendono dando vita ad una pièce teatrale…
E se di teatro si parla, non possiamo che iniziare dalla strabiliante collezione firmata Alexander McQueen (foto), drammatica, da teatro barocco. Tutto si svolge come su un palcoscenico, donne travestite da archetipi della femminilità, e capi e stampe classiche dello stilista esaltate e stravolte: il disegno a quadri si trasforma in una scacchiera onirica; il cappotto lungo, in una versione da strega cattiva; le stampe di uccelli si trasformano in stormi infiniti. Le proporzioni però sono sempre quelle: spalle ben disegnate, vita strizzata, e prodigi di alta sartorialità. Le labbra delle modelle sono ingigantite, quasi a ricordare la psicosi da chirurgia plastica degli ultimi tempi.
Rimaniamo in tema di bambole, ma questa volta della matrioska, perché sulla passerella di Kenzo by Antonio Marras è la donna dei Balcani a sfilare in abiti dalla forma a trapezio che ricordano le mongolfiere, gonne larghe e tubini strizzati, patchwork di fantasie e tessuti. Sembra quasi di inoltrarsi in un mercatino dell’Est dove le coperte buttate l’una sull’altra danno forma agli abiti, dove le fantasie a scacchi si mescolano con quelle fiorate e con quelle folk.
Una vera Lady Chanel. Con tanto di “petite robe noire” e il completo a due pezzi di lana bouclé. Karl Lagerfeld non cambia nulla, eppure cambia tutto: collo e maniche si arricchiscono di plissé, decori extra lusso, tubi di maglia. Colori come il rosa baby e il verde celadon fanno il loro ingresso per la prima volta nelle collezioni Chanel, gonne avvitate e pantaloni a vita alta spezzano il nero con lampi di bianco. Tra gli accessori: la cartella di pelle matelassé da indossare come uno zaino e un kit trasparente di plastica in cui sono custodite la mini bag “2.55“, un profumo e un rossetto. Il tocco più estroso arriva con leggings e body bianchi con stampa grafica.
La passerella è lunghissima: 150 metri di specchio con tanto di re, leoni e santi a sorvegliarla. E’ il momento di Valentino, o meglio, della matita di Maria Grazia Chiuri e Pier Paolo Piccioli, che punta decisamente sul drappeggio. E poi cappotti a trapezio, tailleur, cappe e largo uso della pelliccia. E’ come se avessero tolto un po’ di romanticismo al brand a favore di una collezione ‘con i piedi per terra’, decisa, sicura e poco onirica. Un po’ fetish vestita di pelle nera e calzature altissime, un po’ meccanica con giacche da officina. E’ la donna Yves Saint Laurent disegnata dall’italiano Stefano Pilati. Al via camicie in popeline bianco e pantaloni in flanella grigia, calzoni larghi e morbidi, in gessato grigio, stretti sulle caviglie e sui tacchi alti, mantelle e giacche che si aprono sulla schiena. Tante camicie bianche croccanti con maniche generose.
Sipari, tendaggi, pannelli prendono forma sugli abiti indossati da donne statue, quelle di Viktor&Rolf. Stampe che ricordano i soffitti del Settecento, abiti drappeggiati, scarpe barocche dai tacchi stratosferici, borse che riprendono i tendaggi dei vestiti. Tutto sembra essere un’illusione prospettica. Dedica la collezione al suo mito e alla sua ossessione: Yves Saint Laurent, ma puntualizza che non vuole lavorarci, suo desiderio è curare solo ed esclusivamente la propria linea. Parliamo del genio tutto italiano che è Giambattista Valli, amante delle forme esagerate a trapezio dei soprabiti, dei pantaloni a vita alta, di un’eleganza antica, di gonne a campana che lasciano scoperte solo le caviglie. La novità, sono le stampe: pietre preziose dipinte e piume di pavone impresse sulla seta. Il drappeggio parte dal busto fino a sciogliersi nella gonna sotto la cintura.
Modelle, papponi, atmosfera da night club. L’abito che apre la sfilata di Jean Paul Gautier è formato da stampe di dollari e frange di pelle. Sesso e soldi, ecco l’ossessione, e lo si capisce osservando tutti i look in scena. Il tubino nero viene fatto a pezzi e conquista la rete, per la pelliccia stessa sorte: dal visone spunta un oblò nel cappuccio. Provocazione, humor e tradizione. Il Pianeta si surriscalda, ce lo ricorda Vivienne Westwood facendo indossare una t-shirt con tanto di scritta “+ 5°” indossata dall’esplosiva Pamela Anderson, condita con super zeppe, mini short e calzettoni sgargianti. Fantasia e confusione sulla passerella della stilista inglese, al via gonne gessate con tagli asimmetrici, giacche e giochi di righe. La forma è quella classica: clessidra (con vita stretta) o trapezio (svasata fino al ginocchio). La silhouette non è nuova, ma vendibile, John Galliano per Dior parte dal tailleur con tanto di cintura stretta in vita. Ma strizza l’occhio anche allo stile Bollywood con un abito che è un incrocio tra il sahari indiano e un vestito da red carpet: lungo ai piedi, di chiffon colorato con decori dorati. Nel finale, John Galliano si presenta in passerella con tacchi rossi e tabarro nero.