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M.I.A. la poliedrica Tamil

Viene dallo Sri Lanka ed ha affascinato gli ascoltatori di tutto il mondo con la sua grinta e la sua attitudine impegnata. M.I.A. la nuova stella pop dalle origini militanti.

M.I.A.

Da una famiglia di guerriglieri è nata una musicista, una cultrice dell’arte nelle sue molteplici forme. Proprio da una delle falange più estremiste del globo, le Tigri Tamil, gruppo separatista dello Sri Lanka, proviene la nuova rivelazione musicale mondiale.

M.I.A. (acronimo che significa sia Missing in Acton, scomparsa da Acton, un quartiere della capitale inglese, sia Missing in Action), colei che ha firmato le hit “Paper Planes” e “O… Saya” del nuovo film di Danny Boyle multipremiato agli Oscar “Slumdog Millionaire”, proviene da una famiglia di Tigri Tamil. Tanto che il padre le ha detto di levare il suo nome dal primo disco, l’album “Arular”.

Qualcosa però della fiera vena familiare le è rimasto, infatti se fosse stata appena più ‘dolce’ il regista inglese l’avrebbe interpellata anche per la parte di Latika, sogno d’amore di Jamal, il protagonista, che dai bassifondi di Mumbai (Bombay) cerca la sua rivincita sbancando il quiz televisivo “Chi vuol essere milionario?”. M.I.A. invece va estremamente fiera del suo cipiglio aggressivo e rivoluzionario, della grinta familiare che conserva nello sguardo, della sfacciataggine delle sue liriche hip-hop, dei suoi piercing e dei tatuaggi.

La sua biografia poi già sembra avere i toni del racconto d’avventura. Nata a Londra, rientra nello Sri Lanka con i genitori alla tenera età di sei mesi e cresce nel suo villaggio di origine a maggioranza Tamil. Suo padre fonda un gruppo studentesco rivoluzionario e poi si unisce al movimento delle Tigri. Tornata a Londra, Maya coltiva il suo sogno di fare la stilista (attualmente la sua attività parallela) e si iscrive al Central St. Martin’s College of Art, ma abbandona la scuola che lei definisce “una scuola piena di insopportabili borghesi”. Così nel 2001 torna nel suo paese natio con l’intento di girare un documentario sulle sue origini e su un suo cugino morto durante la militanza nelle Tigri. Come lei affermerà in seguito: “Mi sentii stupida. Mentre io correvo dietro alla moda a Londra, lui moriva per una giusta causa”.

Certo è che per lei tornare in Inghilterra è stata una benedizione, perché dal suo incontro con Damon Albarn (leader dei Blur), con Justine Frischmann delle Elastica e con Peaches sono il suo biglietto d’ingresso nel mondo della musica. Da questo incontro nasce il suo secondo album “Kala”, pubblicato dopo essersi trasferita negli States ed aver fatto un tour con Gwen Stefani. Questo lavoro la lancerà nel pantheon delle rock star, grazie anche alla spinta data appunto dal film.

M.I.A. però ci tiene a precisare che non è una cantante a tempo pieno, anzi si definisce contemporaneamente stilista, produttrice ed artista visuale. Sicuramente la sua attitudine politica la distingue dagli altri cloni polispecializzati nella moda e nell’arte visuale che il music business produce come catena di montaggio. Infatti la cantante si è battuta per i diritti della sua gente e per dare visibilità ad artisti provenienti da “paesi in via di sviluppo”.

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