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Gaetano Pesce e l’Italia in croce

Un’installazione imponente dal titolo “L’Italia in Croce” e firmata dall’architetto Gaetano Pesce è in mostra alla Triennale di Milano. L’artista ci ha spiegato il suo significato

Gaetano Pesce e L'Italia in croce

Lascia a bocca aperta la grande installazione in resina L’Italia in croce. Lascia senza parole perché con la sua imponenza (è alta quasi 8 metri) e la sua forza estetica sembra lanciare un grido muto di disperazione. E’ l’opera firmata da Gaetano Pesce, geniale e irriverente architetto, artista e designer, in mostra alla Triennale di Milano dal 12 aprile al 1 maggio. Sul significato di questo lavoro ne abbiamo parlato con l’artista stesso.

Maestro perché ha preso l’Italia e l’ha messa in croce?

“Non sono stato io a metterla in croce, con questo lavoro ho solo voluto ricordare agli italiani la situazione del nostro paese. E’ un monito. E’ un invito ad agire e reagire, rivolto a tutti i cittadini. E’ uno stimolo a partecipare e a lavorare per costruire un futuro migliore”

E cosa si aspetta?

“Che si sollevi un dibattito tra personalità sane della vita pubblica italiana e non, in grado di vincere sui mediocri, sui parolai e sui vecchi combattenti di partito; sui conformisti e su tutti quelli che con la loro inattività, egoismo e conservatorismo hanno messo in croce il nostro paese”

Lei vive a New York da quasi trent’anni, ha ancora così a cuore la questione italiana?

“Certo. Io sono italiano e amo questo paese. Quando sono negli Stati Unti ho  il dovere morale di tenere alto il concetto di italianità. Mi sento un testimone della creatività italiana. Non c’è da vergognarsi in questo. Non bisogna sfuggire all’idea di riconoscersi nell’Italia. Ma mi fa un po’ pena vedere che il mio paese è così bistrattato, che perde velocità e colpi, che in un certo senso invecchia. Con questa installazione e con la serie di tavoli Sessantuna che ho realizzato insieme a Cassina (in occasione delle celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia, ndr) ho pensato che potevo, non dico, fare qualcosa, ma almeno sottolineare che andando avanti così siamo destinati a una brutta fine. E, invece, noi siamo un paese dalle grandi potenzialità. Lo siamo sempre stato”.

Per esempio?

“Siamo stati e siamo ancora il paese più ricco al mondo in termini di creatività. Un tempo erano l’arte e la letteratura le nostre eccellenze. Nell’ultimo secolo siamo diventati, invece, leader nelle nuove forme dell’espressione: il design, la moda, la cucina, oltre alla capacità manifatturiera e, soprattutto, le idee”.

E se la Cina ci portasse via il primato della moda, la California quello del design e il Brasile quello dell’alta gastronomia?

“Il futuro dell’industria italiana è una produzione non standardizzata dove si usa il computer per eseguire dei desideri personali. Quindi, allo stesso costo di un prodotto standardizzato potremmo fare pezzi unici: la moda e il design diventerebbero quasi oggetti d’arte, a prezzi democratici. E forse solo noi siamo capaci di fare arte”.

O di fare il tanto richiesto made in Italy

“Naturalmente. Negli Stati Uniti, ma non solo, il concetto di italianità va così forte che alcune parole italiane sono entrate a fare parte della lingua comune. Spesso queste parole sono utilizzate in contesti di ilarità, di gioia, di convivialità. Questo fenomeno esprime benissimo la mostra natura, la gioia di saper vivere tipicamente italiana. E di saper godere delle cose belle e uniche che ci circondano. Io credo che questo accada anche perché in Italia convivono territori, culture, diversità e lingue, che insieme, ognuna con la propria identità, creano la forza del paese”