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C’era una volta la paura

Le fiabe per cui i Fratelli Grimm sono noti in tutto il mondo sono giunte a noi in una versione decisamente più ‘soft’ dell’originale

Illustrazione di paura

Una donna gelosa fa di tutto per potersi cibare del fegato e dei polmoni della figliastra, ma, scoperta, muore sotto tortura davanti ad una folla di persone al matrimonio della rivale. Un’altra si amputa un tallone per ordine della madre, mentre un uomo decide di cedere la figlia che sta per nascere in cambio di un’insalata. Non lontano, una vecchia signora ‘alleva’ due bambini per poterseli mangiare. Storie atroci, cruente, forse trame di un film dell’orrore ad episodi che uscirà nelle sale per Halloween? Assolutamente no: si tratta di innocue, famosissime fiabe come Biancaneve, Cenerentola, Raperonzola, Hansel e Gretel.

Le fiabe per cui i Fratelli Grimm sono arcinoti in tutto il mondo sono giunte a noi in una versione decisamente più ‘soft’ dell’originale. Spesso le conosciamo attraverso i cartoni animati di Walt Disney, oppure grazie a qualche libro illustrato per bambini, ma generalmente, per quanto a volte le possiamo trovare crudeli (padri che abbandonano i figli, madri che muoiono, streghe cattive e disavventure a profusione), non siamo neanche lontanamente vicini all’aspetto macabro che è insito nella loro versione originale.

In effetti i Fratelli Grimm non inventarono le fiabe, ma per anni raccolsero e trascrissero miti e leggende delle loro terre e in generale dell’Europa centrale, le quali avevano origine per la maggior parte nel Medioevo, dove il concetto di morte e vita erano decisamente labili. E dove l’idea di tortura, di assassinio, di infanticidio, non era così rara nelle esperienze quotidiane. Ecco quindi che la trasposizione fedele di molti miti prevede sangue e uccisioni cruente, scene che in epoca moderna, per essere adattate ad un pubblico infantile, sono state eliminiate e a volte rimpiazzate.

Prendiamo ad esempio Cenerentola. Va da sé che la trama è già un bell’esempio di crudeltà, con una matrigna che costringe la figliastra a fare da serva e le sorellastre che la vessano in continuazione – e un padre che, non si capisce per quale motivo, se ne infischia completamente. Nella versione originale innanzitutto non ci sono fate e zucche, ma umiliazioni costanti a cui Cenerentola ‘sopravvive’ grazie all’aiuto degli uccellini suoi amici. La vera storia del fatidico momento in cui principe fa provare la scarpetta perduta alle sorellastre, narra che esse, avendo entrambe i piedi troppo grandi, su ordine della madre prendono un coltellaccio da cucina e si amputano rispettivamente le dita e il tallone; la scena splatter continua con un piede mutilato costretto ad entrare in una scarpa, ma che ovviamente sanguina senza tregua, fino a far scoprire l’inganno. Aspettate, non è finita: il giorno delle nozze tra Cenerentola e il principe, i suddetti uccellini amici della sposa cavano gli occhi alle sorellastre mentre entrano a corte sottobraccio agli sposi. La cerimonia prosegue come se nulla fosse, e all’uscita viene strappato loro l’occhio rimanente.

Altra ‘cattivona’ classica, la matrigna di Biancaneve, oltre ad essere tanto crudele da chiedere al cacciatore di uccidere la rivale, gli ordina di consegnarle il suo fegato e polmoni. Il cacciatore, lo sappiamo, risparmia la vita a Biancaneve e porta alla matrigna gli organi di un animale: e lei che fa? Pensando che siano della figliastra, li arrostisce e li mangia. E, dettaglio non indifferente, la povera Biancaneve all’epoca dei fatti è una bimba di sette anni. Ma tutto è bene quel che finisce bene e, dopo diversi tentativi di soffocamento (ebbene sì) e avvelenamento, la matrigna subisce la punizione: viene costretta a calzare scarpe di ferro incandescente e ballare durante le nozze di Biancaneve col principe.

Occhi strappati, sangue, organi estirpati, rovi che tagliano, graffiano, accecano, morte e sventura sono una costante delle fiabe dei Fratelli Grimm, che si candidano perfettamente a fare da leit motiv per un Halloween a tema fantasy. Altro ché fatine e nanetti!

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