Pubblicato il

Un viaggio alla fine del mondo: le Isole Palmerston

Le Palmerston Island sono un meraviglioso atollo remoto nel mezzo dell’Oceano Pacifico

Atollo corallino
 thinkstock

Se quest’anno avete voglia di vacanza ‘in mezzo al nulla’, e non è solo un modo di dire, se avete bisogno di isolarvi dal resto del mondo e staccare la mente da tutto ciò che è quotidiano stress, prendete un atlante e cercate le Isole Cook. Vedrete che sono nel bel mezzo dell’Oceano Pacifico meridionale, lontane da qualsiasi terraferma a nord, a sud, a est e a ovest. Ora, aguzzate la vista e cercate nell’arcipelago uno sperduto gruppetto di isolotti chiamati Palmerston Island: è lì che potrete godere di una vacanza in uno dei luoghi più remoti del mondo, un piccolissimo Paradiso terrestre fatto di spiagge bianche, mare cristallino, capanne e poche decine di ospitali abitanti.

Le isole Palmerston sono un atollo corallino composto di cinque piccoli gruppi di isole e isolotti, legate l’una all’altra dalla barriera corallina che crea una laguna sul versante interno. La sessantina di abitanti che popola queste isole, e in particolare la più grande, chiamata proprio Palmerston (meno di 3 chilometri di diametro), è una delle comunità più isolate al mondo. In queste minuscole isole manca una pista di atterraggio per aerei, e date le dimensioni è facile capire perché, si trovano troppo isolate rispetto al resto del mondo per intraprendere viaggi in elicottero, sono impossibili da raggiungere con l’idrovolante, il mezzo più utilizzato tra gli atolli, perché la barriera corallina molto alta impedisce di atterrare all’interno della laguna, mentre in oceano aperto sarebbe pericoloso. Ci si arriva solo via barca, ma si tratta di giorni di viaggio (un paio da Rarotonga, da cui partono la maggior parte delle imbarcazioni), resi inquieti dall’imprevedibilità delle tempeste. Per attraccare con uno yacht privato serve l’aiuto degli abitanti locali, che conoscono i pochi punti dove la barriera crea dei passaggi per le barche. Due volte l’anno delle navi portano approvvigionamenti.

Leggi anche: Benvenuti a Pig Beach, l’isola dei maialini felici

Insomma, arrivarci è un’impresa, ma una volta lì ci si trova in un posto che chiamare da sogno è riduttivo. Palme da cocco costeggiano la spiaggia bianca, il mare attorno alla barriera è cristallino e pullula di vita marina, le tartarughe abbondano così come i più rari uccelli. E non c’è pericolo di venire disturbati: sull’isola internet è un miraggio, e ci sono solo due apparecchi telefonici. Le Isole Cook furono scoperte nella seconda metà del 1700 dal Capitano James Cook, e fino al 1969 la posizione di Palmerston sulle mappe è rimasta quella identificata dall’esploratore. Gli abitanti dell’isola principale dell’atollo sono circa 60, e discendono dall’inglese William Marsters, che approdò qui in seguito al naufragio della sua nave intorno al 1860 assieme a due mogli polinesiane. La sua ampia discendenza (17 figli e 54 nipoti) è attualmente la popolazione di Palmerston.

Leggi anche: Isole Cies, i tropici in Europa

Non vi sono hotel dove soggiornare, l’usanza locale è quella di ospitare i pochi turisti presso l’abitazione di una famiglia locale, di solito la prima che si incontra all’approdo. ‘L’etichetta’ prevede che chi arriva venga ospitato e nutrito, ma da parte loro i visitatori dovrebbero sempre portare con sé rifornimenti o regali. Nell’isola non si usa infatti il denaro (che serve solo per i grossi acquisti dalle navi rifornitrici), gli abitanti barattano i beni di prima necessità, e un buon ospite è apprezzato se ne porta con sé (riso, carburante, ma anche libri e quaderni).

Leggi anche: El Hierro, l’isola 100% sostenibile

Un posto da sogno alla fine del mondo, dove il turismo di massa non è arrivato e non potrà probabilmente arrivare nemmeno in futuro: la meta ideale per chi vuole staccare completamente la spina, almeno per un po’. Le Isole Cook si possono raggiungere con un volo da Los Angeles, Auckland o Sidney, che atterra a Rarotonga.